lunedì 31 agosto 2009

VERTENZA LASME: SPECULAZIONI Finanziarie e Licenziamenti - La PRODUZIONE della LASME non può essere spostata


La vicenda LASME di Melfi mette in luce tutta l’arroganza dei Padroni, dopo che si sono arricchiti producendo, solo per SATA, 1.100.000 modelli di Grande PUNTO vorrebbero far credere di aver perso sugli investimenti falso la verità che i padroni non si stancano mai di SFRUTTARE i lavoratori del Nord o del Sud.

Gli investimenti alla LASME di Melfi sono stati super pagati dai profitti di questi anni.

La verità che questi “padroni” non rischiano niente, gli stabilimenti li costruiscono con i soldi pubblici, i contratti li sottoscrivono con chi Firma le loro richieste e i lavoratori devono essere sfruttati con la minaccia del posto di lavoro.

Tra gabbie salariali, federalismo fiscale, secessione, Nord contro Sud etc., i padroni non vogliono più CONTRATTARE nulla e avere mano libera sulle condizioni di vita dei lavoratori, negando ogni forma di DEMOCRAZIA e di partecipazione dei lavoratori all’interno delle fabbriche.

I primi segnali negativi sono partiti dalla FIAT SATA, che nel disinteresse generale, non ha rispettato completamente gli impegni assunti in Regione Basilicata per, la riassunzione dei PRECARI licenziati/sostituiti alla ERGOM, poi ha TAGLIATO il premio e le ferie di luglio a tutti i lavoratori.

E pensare che solo nel 2004 (a seguito della lotta dei 21 giorni), quando si CONTRATTAVA per davvero, è stato firmato un accodo con FIAT, in CONFINDUSRIA a Roma, che ha portato 640 milioni di euro di investimenti per il segmento “B” e l’aumento della capacità produttiva e tecnologica del sito FIAT di Melfi, confermato dal NUOVO PIANO INDUSTRIALE FIAT presentato a Palazzo Chigi ad Aprile 2009.

Noi riteniamo che la FIAT SATA e il consorzio ACM devono rispettare gli IMPEGNI CONTRATTUALI già assunti sulle produzioni e sull’occupazione nell’incontro del 24 con la Direzione LASME in CONFINDUSTRIA a Potenza CHIEDEREMO che le PRODUZIONI NON vengano SPOSTATE dal sito di Melfi, al fine di dare continuità occupazionale ai 174 lavoratori.

Lunedì 24 Agosto 09 a partire dalle ore 10 il Sindacato terrà un assemblea con i lavoratori della LASME per definire adeguate iniziative di mobilitazione in DIFESA dell’Occupazione e delle produzioni.

Potenza 23 Agosto 2009
FIOM CGIL Basilicata

VERTENZA LASME: MOBILITAZIONE ASSOLUTA


L’iniziativa unilaterale della LASME,di chiusura dello stabilimento lucano, NON ha alcun connotato industriale che possa giustificare tale atto. Dopo le MANIFESTAZIONI dei giorni scorsi e la SOLIDARIETA’ espressa da più campi, si passi ora al tempo del fare.

La REGIONE BASLICATA deve indicare con precisione che gli ulteriori finanziamenti pubblici alla FIAT per la costruzione del “Campus tecnologico di Melfi” siano SUBORDINATI al rispetto degli IMPEGNI già assunti in materia di PRODUZIONE e dell’occupazione per IL SEGMENTO “B” a Melfi (incontro Palazzo Chigi).

Il GOVERNO Nazionale deve indicare linee guide di Politiche Industriali capaci di difendere l’assetto industriale italiano, a partire dalla definizione di interventi sulle tecnologie,ricerca e sviluppo di processi e prodotti “innovativi” in grado di essere attuali in FUTURO nel rispetto dell’ambiente, della sicurezza e delle compatibilità economiche-industriali (vedi energia, riciclaggio materiali, etc).

La FIAT deve garantire il rispetto degli accordi sottoscritti, nella loro “interezza”, vedi contratto di programma, per il sito di Melfi che comprende anche l’insediamento di FENICE Termodistruttore, come dire che se si spostano le produzioni al NORD si devono spostare anche lo smaltimento dei rifiuti industriali.

Il Consorzio A.C.M. deve recuperare i ritardi accumulati dal punto di vista dei necessari INVESTIMENTI da mettere in campo a Melfi al fine di ASSICURARE una CRECITA QUALITATIVA della presenza delle aziende dell’INDOTTO nel sito FIAT SATA di Melfi.

Le forze politiche, istituzionali e sindacali devono assicurare un reale sostegno alle rivendicazioni dei lavoratori in difesa dell’occupazione, fatto di atti pratici e non simbolici affinché su una ipotetica gru, come successo a Milano per i lavoratori INNSE, non si trovino solo lavoratori e funzionari della FIOM.

Tutti insieme a difendere i lavoratori , VERI produttori della RICCHEZZA. NO alle Gabbie Salariali, NO allo smantellamento dell’industria al SUD, NO alle politiche LEGHISTE, NO alla CHIUSURA della LASME a Melfi.

SI all’UNITA’ dei lavoratori, SI alla SOLIDARIETA’, SI alla Giustizia Sociale, Si al Contratto Nazionale come strumento di UGUAGLINZA tra TUTTI i lavoratori.

E’ necessario definire un modello sociale basato sulla cooperazione e non sulla competizione tra lavoratori del NORD e del SUD.

Potenza 22 Agosto 2009
FIOM CGIL Basilicata

mercoledì 12 agosto 2009

VERTENZA LASME: INIZIATIVA unilaterale aziendale di stampo FINANZIARIO - TENUTA “DEMOCRATICA” a rischio


L’iniziativa unilaterale della LASME, di chiusura dello stabilimento lucano, NON ha alcun connotato industriale che possa giustificare tale atto.

Infatti lo stabilimento lucano della LASME ha conosciuto, a partire dal 2000, una crescita produttiva e occupazionale legata al POSITIVO andamento delle qualità delle produzioni e dell’occupazione, passando dai 80 dipendenti del 1997 ai 180 dipendenti del 2009.

Queste condizioni di crescita dello stabilimento sono SEMPRE state accompagnate dalla contrattazione che si è registrata tra la Direzione aziendale e il Sindacato, in questi anni sono stati FIRMATI Accordi in materia di produzione e di organizzazione del lavoro che hanno permesso tale andamento positivo.

Anche l’ultimo incontro tenuto con FIAT AUTO a Palazzo Chigi nel Giugno 2009, ha assegnato la produzione della Grande Punto (segmento “b”) allo stabilimento lucano della FIAT SATA e delle produzioni connesse dell’INDOTTO compreso la LASME.

Atteso che l’iniziativa unilaterale “estiva” della LASME DISATTENDE gli impegni già assunti e definiti per le produzioni della Grande Punto a Melfi, come FIOM CGIL di Basilicata consideriamo necessario che la Direzione aziendale RITIRI ogni IPOTESI di CHIUSURA dello stabilimento e il conseguente licenziamento dei 180 lavoratori di Melfi.

E’ evidente che si pone un problema di “TENUTA DEMOCRATICA” nel tessuto sociale del SUD che può assumere aspetti incontrollabili qualora anche di fronte a Risultati industriali ottenuti e a IMPEGNI produttivi già assunti si possa procedere verso la chiusura dello stabilimento.

Le forze Istituzionali e politiche sia regionali che nazionali devono svolgere il loro compito naturale di esercitare la funzione di mediazione VERA degli interessi in campo con la salvaguardia dei 180 posti di lavoro attraverso il RISPETTO degli IMPEGNI PRODUTTIVI e OCCUPAZIONALI già assunti.

Potenza 10 Agosto 2009

Giuseppe CILLIS
FIOM CGIL Basilicata

PRESIDIO lavoratori e lavoratrici della LASME di Melfi (INDOTTO FIAT)


A RISCHIO 180 Posti di lavoro
Il giorno 6 Agosto davanti al piazzale della LASME di Melfi si è tenuta l’assemblea con TUTTI e 180 lavoratori della LASME che da 4 giorni stanno presidiando i cancelli per DIFENDERE il Posto di Lavoro, all’assemblea ha partecipato la segreteria regionale della FIOM CGIL che sostiene la Lotta dei lavoratori.

L’assemblea dei lavoratori ha DECISO:

1. Di continuare con il PRESIDIO anche nel mese di Agosto, in attesa dell’incontro previsto in CONFINDUSTRIA alla ripresa di settembre.
2. Di contrastare con TUTTE le iniziative necessarie le ipotesi aziendali di SPOSTAMENTO degli IMPIANTI e della PRODUZIONE al NORD.
3. Di DIFENDERE l’OCCUPAZIONE dello stabilimento LASME di Melfi nato anche con i contributi Statali.

L’assemblea dei lavoratori in ATTESA dell’INCONTRO che si terrà in CONFINDUSTRIA a POTENZA, INVITA la DIREZIONE Aziendale LASME ha NON MODIFICARE l’ASSETTO INDUSTRIALE e PRODUTTIVO dello stabilimento di Melfi. Inoltre sollecita anche le ISTITUZIONI Locali ad ogni livello di INTERVENIRE per sostenere le ragioni occupazionali dei 180 dipendenti della LASME di Melfi per NON consentire speculazioni Finanziarie a danno dei lavoratori che in questi anni con il loro lavoro hanno consentito allo stabilimento LASME di Melfi di registrare PROFITTI per la proprietà.

Melfi 6 Agosto 2009
Approvato dall’Assemblea dei lavoratori

venerdì 22 maggio 2009

D’Amato (Pdci): “Il lavoro al primo posto”

Intervista con Alfonso D'Amato, candidato del Partito dei Comunisti Italiani per il collegio di Melfi al consiglio provinciale di Potenza. 


[Fonte: Melfilive.it]


I Comunisti italiani per la sinistra – che appoggiano la candidatura a presidente di Piero Lacorazza – hanno scelto per il collegio di Melfi Alfonso D’Amato, 56 anni, sposato, tre figli, dipendente della Regione Basilicata, candidato nel 2005 alle elezioni egionali. 


“A Melfi i comunisti ci sono sempre stati, ci sono ancora e credo che rappresentino la vera sinistra – dice D’Amato – a tutti i livelli istituzionali. Negli ultimi tempi c’è stato qualche cambio di casacca, per cui il partito ha deciso di individuare un candidato serio e coerente”.

 

Quanto al programma, i Comunisti italiani ne hanno approntato uno unico a livello provinciale, “in modo che non si dicano – spiega D’Amato – cose diverse da collegio a collegio. Al primo posto delle nostre priorità c’è il lavoro.Una mia eventuale elezione mi porterebbe, essendo io sindacalista, ad affrontare i problemi occupazionali,fornendo risposte concrete ai giovani e ai precari”.

 

Sul tavolo delle necessità, D’Amato pone anche la viabilità, il petrolio e l’edilizia scolastica. “Lo sviluppo economico di un territorio – afferma il candidato – non può prescindere da un miglioramento delle infrastrutture, soprattutto della rete viaria. Stesso discorso vale per le scuole cui si devono garantire sicurezza e adeguate risorse. Inoltre, penso si debba fare un discorso diverso sullo sfruttamento del sottosuolo, portando la percentuale di royalty del petrolio dal 7 al 40% in modo da investire i fondi aggiuntivi in maniera solidale a favore di tutti i comuni della provincia”.

 

Sull’utilità dell’ente Provincia, D’Amato è certo. Credo che assolverebbe a una funzione importante di interfaccia tra Comuni e Regione se, accanto alle competenze, le venissero assegnati anche i fondi necessari per gestire tutti i compiti in modo più diretto”.

domenica 17 maggio 2009

Colpo di stato mediatico nei confronti dei Comunisti



"I dati eall'Agcom dimostrano ciò che denunciamo de tempo: è in atto un vero e proprio colpo di stato mediatico teso a cancellare dal panorama politico italiano la voce dei comunisti. Il totale dei tempi di notizia, parola ed antenna, delle forze che sostengono la lista comunista corrisponde allo 0,2% di tutto ciò che è andato in onda sui telegiornali Rai e Mediaset, rispetto allo strapotere di governo e maggioranza che assommano più del 65% del totale dell'informazione. Non occorre aggiungere altro. Se le autorità di garanzia non faranno valere le norme di tutela minima prevista dalla par condicio, costantemente violata in queste ore, si renderanno complici di un'esecuzione politica che mira alle fondamenta la democrazia italiana e la credibilità stessa delle sue istituzioni". 
E' quanto afferma Jacopo Venier, responsabile comunicazione del PdCI.

Cliccando qui è possibile leggere e scaricare la relazione dell' Agcom.

sabato 16 maggio 2009

OLA, SOSPENDERE L’ATTIVITA’ DELL’INCENERITORE FENICE

Riceviamo e diffondiamo un comunicato dell' OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) riguardante le gravi responsabilità dell'inceneritore FENICE, relative all'inquinaento ambientale e di noi tutti:

Nonostante le rassicurazioni dell'Arpab, arrivate nelle scorse settimane, i dati relativi all’inquinamento dell'area - che sarebbe stato provocato da Fenice SpA - mostrerebbero ancora il superamento delle soglie di inquinamento fissate dalla legge.
 
In attesa che l’Arpab, più volte sollecitata in tal senso, provveda a pubblicare questi dati sul proprio sito internet, la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) - Coordinamento apartitico territoriale di Associazioni, Comitati, Movimenti e Cittadini - chiede alla Regione Basilicata di sospendere, con urgenza, l’attività del termodistruttore Fenice, allocato nell’area industriale di San Nicola di Melfi, al fine di tutelare la salute dei cittadini e l’integrità dell’ambiente, oltre che comprendere se siano state trattate sostanze pericolose che hanno determinato il grave inquinamento, attraverso riscontri con i MUD (Modelli Unici di Dichiarazione Ambientale); oppure vi siano malfunzionamenti dell’impianto che hanno reso necessaria l’emanazione dell’ordinanza del Sindaco di Melfi, tuttora vigente, che fa divieto di utilizzo dell’acqua dei pozzi a valle dell’impianto per scopi agricoli e civili.
 
La OLA ricorda come più volte in passato vi siano stati incidenti e cattivi funzionamenti del termodistruttore Fenice, segnalati anche dalle stesse maestranze impegnate presso l’impianto. il mega inceneritore Fenice - è bene ricordarlo - smaltisce ed incenerisce ingenti quantità di rifiuti industriali provenienti da tutta Italia (oltre 25.000 tonnellate all'anno), a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 161 del 17 Aprile 2005 che abroga per illegittimità costituzionale l'articolo 1 della Legge Regionale n. 59 del 1995 che faceva divieto di importazione di rifiuti extra-regionali in Basilicata.
 
OLA [Organizzazione Lucana Ambientalista]
fax: (+39) 0971.1830169

venerdì 17 aprile 2009

De rerum natura

Articolo comparso su Officina, periodico di cultura e politica della città di Melfi, sul numero di marzo/aprile 2009.


Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sull’ambente ho pensato: “Cosa mai potrò scrivere io su questo tema?  Posso parlare delle cartacce per strada? Oppure dei pacchetti “volanti” delle sigarette che schizzano via dai finestrini delle automobili?” No, perché questo è l’aspetto minore (anche se importantissimo) di questa storia. No, perché non si può parlare della “questione ambientale” senza passare necessariamente dalle cause che hanno fatto si che l’ambiente diventasse una questione. Le vicende di Napoli (ma della Campania in generale) hanno sollevato tantissime polemiche (note comunque già da tempo) su questa faccenda.

Melfi  non è certamente Napoli anche se in alcune ore del mattino il centro storico (ma non doveva essere il salotto di casa Melfi?) si “addobba e si ravviva” di tanti sacchetti della spazzatura a causa dell’effetto “raccolta porta a porta”, argomento a cui è stato dato già tanto risalto nelle pagine di questo periodico.

Bisogna però dire che la periferia (Valleverde) e la periferia della periferia (Contrada Bicocca) non hanno problemi  legati ai rifiuti. Forse perché godono degli “effetti benefici” dei cassonetti o forse perché, essendo il bagno di casa Melfi, non hanno poi così bisogno di tante cure, ma questa è un’altra storia.

Di solito di fianco al classico cassonetto dei rifiuti, in alcune zone delle periferie melfitane, se ne trovano altri di vari colori: giallo, bianco, blu, verde che non hanno solo la presunzione di essere più “allegri e invitanti” rispetto ai vecchi e grigi e metallici cassonetti , ma servono a differenziare i rifiuti. Ora è inutile che io stia qui a dire che la percentuale di raccolta differenziata a Melfi è intorno al 5%, quello che voglio sottolineare è il fatto che non differenziando i rifiuti questi vengono portati  in discariche o ad incenerire con tutti i rischi che ne conseguono per la salute delle persone e per l’ambiente.  Naturalmente il discorso sulla differenziazione dei rifiuti, non è così semplice e non può esaurirsi qui. Potrebbe questo, però, essere uno spunto per ritornare sulla questione ed analizzarla senza l’intenzione di creare allarmismi, ma dicendo le cose come stanno da un punto di vista scientifico.

Quello che voglio raccontarvi adesso è una storia che riguarda alcuni alberi misteriosamente scomparsi qualche tempo fa e mai più riapparsi. Una storia che inizia nel duemilasette e che, alcuni giorni fa, ha avuto la sua prosecuzione con la “misteriosa” scomparsa di alcuni alberi su viale Savoia. Quattro per la precisione e sono stati tagliati, non perché malati o consumati dalle termiti, ma perché creavano qualche problema ad alcuni nostri concittadini. Va bene, può essere una giusta motivazione. Il problema, a questo punto, è l’approccio usato per risolvere questa faccenda. Mi armo  di buona volontà e mi reco sul posto per vedere quale fosse l’entità del danno. Quello che ho trovato di fronte è stato uno spettacolo triste e desolante. Alberi tagliati, alla base, di netto, alberi sani, il cui tronco misurava un diametro di 60 cm e che magari erano stati piantati lì più di 30 anni fa. Quello che era un bell’ albero sempre verde, rigoglioso e vivo ora non è più, semplicemente. Giro un po’ per quella zona e chiedo informazioni per cercare di capire se si fossero verificati altri episodi del genere e mi sento dire che in piazza Trieste e Trento almeno altri tre alberi sono stati tagliati perché creavano problemi ad alcuni cittadini: “Non facevano entrare la luce del sole e le case avevano bisogno di più tempo per riscaldarsi”. Giusto per carità, ma quello che mi arrovella le meningi, e che non riesco a capire, è perché sono stati tagliati anziché essere “asportati” e ripiantati, ad esempio, chessò, in villa. Già, la villa! Come se fossi stato colto da un flash-back, mi viene in mente che qualche tempo fa, mentre passeggiavo per il nostro parco, avevo notato che, anche lì, alcuni alberi erano stati tagliati, ma ne ignoravo il motivo (e tutt’ora lo ignoro). Prendo la macchina e mi reco in villa dove inizio a contare gli alberi che mancano all’appello. Nel giro ci cento metri conto sette, otto alberi monchi. Alla fine della conta ben trentatré alberi risulteranno tagliati di netto. Trentatré! Ora mi si potrebbe obbiettare: “Cosa vuoi che siano trentatré alberi in meno rispetto a quanti comunque ce ne sono!” Bene, io vi invito, la prossima volta che vi trovate a passeggiare per il nostro parco, a provare a contare trentatré alberi. Io l’ho fatto e mi sono reso conto che arrivato a dieci avevo già acquisito la dimensione del danno.

 Ora non è per fare la solita querelle anti-amministrazione, però non si può sempre tacere davanti ad una mal gestione della cosa pubblica per paura di scatenare la polemica. Non credo che gli addetti ai lavori non sappiano che gli alberi possono essere sradicati per essere trasportati in altri luoghi e ripiantati dove non danno fastidio (ammesso che un albero possa dare fastidio), così da poter continuare a crescere e a vivere. Certo tagliare un albero è molto più semplice e sicuramente più economico che sradicarlo e piantarlo altrove, ma vengono sperperati tanti milioni di euro per opere superflue e per ristrutturazioni inutili che, anche volendo controbattere alla questione da un punto di vista finanziario, sarebbe banale e facilmente confutabile. E ancora, mi risulta che siano state raccolte delle firme per i “tagli” di viale Savoia: è possibile che sia così semplice riuscire in un’impresa del genere? Un po’ di firme e via gli alberi? Possibile che la mia città non sia sensibile alla questione ambientale? Ed è altrettanto possibile che la nostra villa comunale, il nostro “polmone” verde, perda trentatré alberi (ammesso anche che siano stati tagliati per motivi fondati) senza che questi vengano, per lo meno, ripiantati?

Mi viene da pensare, a questo punto, che il nostro verde sia gestito in maniera un po’ superficiale. Capisco anche, però, che questa faccenda è legata a quella mancanza di cultura di cui è ammalata la nostra città. Se non si sensibilizzano le persone alla “causa ambientale”, se non si comprendono le regole della natura, si continueranno a tagliare alberi e a non capire quanto la natura stessa sia una parte fondamentale della nostra esistenza. Incoscienti di aver stravolto un intero ecosistema celato dalla corteccia di un albero.

 

Maurizio Ceccio.

sabato 4 aprile 2009

UN’ALTRA EUROPA E’ POSSIBILE


Diamo vita ad una lista anticapitalista che unisce in una proposta politica per l’Europa il PRC, il PDCI, Socialismo 2000 e i Consumatori Uniti. Lo facciamo insieme ad esponenti della sinistra, del mondo del lavoro e sindacale, del movimento femminista e ambientalista, del movimento lgbtq e pacifista. La lista lavora per un’uscita dalla crisi  fondata sulla democrazia economica, sulla giustizia sociale e sulla solidarietà.

Siamo di fronte ad una crisi di carattere sistemico, non solo economica e finanziaria, ma sociale, alimentare, energetica, ambientale, che sta scuotendo l’intero pianeta. La crisi del capitalismo globalizzato. 
Ci opponiamo all’Europa liberista e tecnocratica e al governo di “grande coalizione” composto da socialisti, popolari e liberaldemocratici europei che ha fin qui dettato l’agenda della costruzione dell’Unione. Lottiamo con i movimenti sociali e le forze politiche di trasformazione di tutto il continente per UN’ALTRA EUROPA. 
Una lista che fa sue le ragioni di chi in questi anni e in questi mesi sta lottando, nella scuola e nei luoghi di lavoro, per la giustizia sociale e contro la precarietà, per la libertà femminile, che si oppone al razzismo e all’offensiva oscurantista e clericale delle gerarchie ecclesiastiche. Che si batte per un intervento pubblico finalizzato alla riconversione sociale e ambientale dell’economia, per la redistribuzione del reddito, contro la guerra e per il disarmo. Siamo convinti che la questione morale abbia un valore universale, in Italia come in Europa. L’intreccio perverso tra politica e affari e l’uso clientelare delle risorse pubbliche sono fattori di degenerazione della democrazia, come intuì Enrico Berlinguer. 
La lista appartiene interamente al campo del GUE-NGL, il Gruppo parlamentare della Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica che unisce partiti comunisti, anticapitalisti, socialisti di sinistra ed ecologisti e al cui interno si colloca il Partito della Sinistra Europea. 
Le forze che danno vita alla lista si impegnano a continuare il coordinamento della loro iniziativa politica anche dopo le elezioni europee. 
  
La crisi e come uscirne 

Questa crisi non nasce per caso. E’ un prodotto strutturale dell’attuale  capitalismo finanziario-speculativo Questa crisi è figlia delle politiche neoliberiste dell’ultimo ventennio. Politiche alle quali un contributo determinante è stato dato da questa Unione Europea, fondata sul dominio degli interessi del capitale finanziario e delle multinazionali. Politiche che hanno animato un capitalismo d’azzardo e che sono state rese possibili da un consenso fra governi di centro destra e centro sinistra, da una grande coalizione formata da liberali, popolari e socialisti europei che ha condiviso i principi liberisti e la demolizione dello stato sociale portata avanti in questi anni in nome della deregolamentazione e del primato della libera concorrenza sulla società. 
Noi proponiamo una rifondazione dell’Europa. 
L’Europa di Maastricht, dei Trattati  liberisti e a democratici come quello di Lisbona, della tecnocrazia e della subalternità alla NATO, è stata bocciata da referendum popolari in ogni paese dove si è votato.
Noi siamo in favore di un’Europa dei popoli, per un processo costituente democratico e sovrano, di un’Europa della pace e del disarmo. 
Ci battiamo per cambiare le fondamenta di questa Europa. 
Il Patto di stabilità va sostituito con un patto per la piena occupazione e la riconversione sociale ed ambientale dell’economia. 
Va ridefinito lo statuto e la missione della Banca centrale , che va sottoposta ad un controllo democratico. Ci battiamo per la socializzazione del sistema finanziario e bancario, attraverso il controllo pubblico del credito e la nazionalizzazione delle banche. Siamo per la costruzione di uno stato sociale europeo. Il sistema fiscale europeo va armonizzato, fondandolo sul principio della progressività delle imposte. 
Le politiche economiche e sociali che sono la causa principale di questa crisi vanno rovesciate. Ci battiamo per ripubblicizzare quanto privatizzato, a partire dai beni comuni e dai servizi pubblici essenziali, come l’educazione e la conoscenza, la salute, l’acqua, l’energia. Ci battiamo per tassare i capitali speculativi, attraverso l’introduzione della Tobin Tax e l’abolizione dei paradisi fiscali. 

Per un’ Europa  delle lavoratrici e dei lavoratori, della piena e buona occupazione 

Ad oltre 15 anni dal Trattato di Maastricht,  le condizioni di vita e  lavorative della maggioranza della popolazione europea sono rapidamente peggiorate: orari di lavoro più lunghi, salari insufficienti, aumento della durata della vita lavorativa, aumento della disoccupazione giovanile e della disoccupazione a lungo termine, lavori brevi, impieghi temporanei e stage non retribuiti costituiscono una scandalosa realtà. Una realtà che in Italia produce la vergogna dell’aumento dei morti sul lavoro. I profitti sono aumentati vertiginosamente: i manager ricevono stipendi astronomici, indipendentemente dai loro risultati. I ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. 
Non sono i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare la crisi,  mentre le banche e la finanza speculativa che l’hanno causata vengono salvate. La logica sottostante ai piani di intervento sin qui approvati sono la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. La politica dei bassi salari e del lavoro precario è il cuore del problema. 
Quello che serve, in Europa, è un piano per la piena occupazione, attraverso la creazione di un fondo che sia finanziato attraverso la tassazione della speculazione finanziaria e della rendita. 
L’attuale politica di bassi salari, il dumping ambientale e sociale e l’estensione della precarietà, vanno fermati. L’aumento di salari e pensioni è non solo doveroso per ridistribuire la ricchezza, ma essenziale, per uscire dalla crisi e per un nuovo modello economico. Le sentenze della Corte Europea di Giustizia, cosi come la direttiva Bolkestein, costituiscono un  attacco diretto ai contratti collettivi e ai diritti dei lavoratori. Noi ci battiamo, in Italia e in Europa, per difendere e rafforzare i contratti collettivi ed i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Ci battiamo per l’abolizione della direttiva Bolkestein, della direttiva che estende l’orario di lavoro oltre le 65 ore settimanali e di quella per l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne. I regolamenti sull’orario di lavoro devono ammettere un massimo di 40 ore settimanali.  
Chiediamo un salario minimo europeo per evitare il dumping sociale, che rappresenti almeno il 60% della media dei salari nazionali e che non sostituisca i contratti collettivi nazionali.  
Un reddito minimo per i disoccupati, così come una pensione minima vincolata al salario minimo e automaticamente legata all’aumento del costo della vita sono strumenti indispensabili per garantire una vita dignitosa a tutti e tutte. 

Per un’ Europa della pace e del disarmo 

Il mondo che viviamo assiste ad una corsa preoccupante e senza precedenti al riarmo. 
Riarmo di tutti i tipi, incluso quello nucleare. In Italia, la legge 185 è sotto attacco e ci si appresta a spendere 14 miliardi di euro per 131 nuovi cacciabombardieri. Questa è l’eredità di dieci anni di guerre preventive e umanitarie, in cui si è applicata una politica dei due pesi e delle due misure e con cui si sono scientificamente scardinati i principi del diritto internazionale e il sistema della Nazioni Unite. La responsabilità di quanto accaduto non è solo di Bush e della stagione dei neoconservatori, ma anche della subalternità dell’Europa a questa politica di guerra. L’Europa deve diventare protagonista della ricostruzione di un nuovo equilibrio globale multipolare, attraverso il rilancio delle Nazioni Unite e dei principi della sua carta, per mettere fine alla lunga stagione dell’unilateralismo imperialistico degli USA, perseguito in maniera particolare dall’amministrazione Bush. 
Come dimostra anche la recente tragedia di Gaza, l’Europa legata alla Nato non è capace di giocare un ruolo autonomo nella politica internazionale, al contrario, rimane prigioniera e complice di guerre e aggressioni.  Crediamo che invece l’Europa debba battersi per un processo globale di disarmo, liberando risorse oggi usate per gli armamenti e per finanziare le guerre a favore delle politiche sociali. 
Le guerre e le occupazioni di Afghanistan ed Iraq devono terminare. 
I paesi europei ancora coinvolti in questi paesi con proprie truppe devono ritirare i propri contingenti. 
Ci opponiamo ad ogni ipotesi di una nuova guerra nei confronti dell’Iran. l’Europa deve costruire una soluzione politico diplomatica al contenzioso sul nucleare, lavorando per un Medio Oriente ed un mediterraneo libero da armi di distruzione di massa e da quelle nucleari. 
Vi è la necessità per l’Europa di rilanciare una cooperazione politico-economica che coinvolga l’intero Mediterraneo come area di sviluppo per il futuro prossimo. 
Cosi attraverso un Mediterraneo, mare di pace e collaborazione, l’Europa deve aprire una relazione paritaria ed equa con i popoli africani in modo da dare una risposta positiva alle legittime aspettative e bisogni dei popoli europei, mediterranei ed africani. 
Il Mediterraneo e l’Africa sono il futuro dell’Europa. 

L’Europa lavori per la soluzione politica e diplomatica dei conflitti, a partire da quello mediorientale, e si impegni per il pieno riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e ad avere il suo stato, come previsto dalle risoluzioni internazionali disattese da Israele da decenni, nei confini del 67 e con Gerusalemme est come sua capitale. Per porre fine all’occupazione militare dei territori palestinesi e all’embargo su Gaza, alla continua annessione di territori attraverso la costruzione del Muro dell’apartheid e l’espansione delle colonie, l’Europa deve sospendere  gli accordi commerciali e di cooperazione militare con Israele. Inoltre, l’Europa non può che sostenere il diritto al ritorno sancito dalla risoluzione ONU 194 per i rifugiati palestinesi e lavorare per una sua applicazione. 

L’Europa deve impegnarsi per il diritto della popolazione Saharawi all’auto-determinazione sulla base delle esistenti Risoluzioni dell’ONU 1754 e 1783, cosi come alla soluzione politica della questione kurda, chiedendo alla Turchia di porre fine alla repressione militare e di avviare un reale processo negoziale. 
Dopo la caduta dei due blocchi contrapposti Est-Ovest, la NATO è rimasta e si è sviluppata sempre di più come uno strumento funzionale delle amministrazioni statunitensi per le sue strategie egemoniche. L’allargamento della NATO ad Est risponde a questa logica. 
Un esempio sono gli accordi bilaterali tra gli Stati Uniti e diversi paesi europei, quale quello con l’Italia per la base militare statunitense di Vicenza, quello con la Polonia e la Repubblica Ceca per il dispie-gamento dei sistemi di difesa missilistici e quelli con la Bulgaria e la Romania sulle nuove basi. Siamo a fianco dei movimenti contro le nuove basi militari, a partire da Vicenza, e contro l’istallazione dello scudo missilistico nell’est europeo. 
Crediamo che sia venuto il tempo per lo scioglimento della Nato. Ora più che mai, la sicurezza in Europa deve fondarsi sui principi della pace e la sicurezza, del disarmo e della impossibilità di effettuare attacchi offensivi, sulla soluzione politica e civile dei conflitti, all’interno del sistema OSCE, in conformità al diritto internazionale e ai principi di Nazioni Unite riformate e democratizzate. 

Per un’Europa dell’ambiente, della sovranità alimentare e delle generazioni future 

Per noi le questioni climatiche e sociali sono correlate. Per questo motivo l’attuale crisi finanziaria ed economica non può essere scissa dalle sfide poste dal cambiamento climatico e all’esigenza di modificare il nostro modello produttivo e consumistico. La risposta alla crisi è anche in un nuovo intervento pubblico in economia finalizzato alla riconversione ecologica del sistema produttivo. La crisi ecologica determinata dal modello di sviluppo capitalistico rischia di minare il diritto delle generazioni future alla biodiversità e di poter usufruire delle risorse primarie e ambientali. 
Siamo a favore di uno sviluppo immediato e consistente di un nuovo trattato internazionale in accordo con il 4° Report prodotto dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico. Chiediamo una piena implementazione degli obblighi firmati e promessi dall’UE in tutti i settori relativi alle politiche climatiche ed energetiche. I seguenti compromessi costituiscono i punti minimi da applicare per poter realizzare gli impegni già assunti: 
• Ridurre le emissioni globali del 30% entro il 2020 sulla base dei livelli del 1990 e di alme-no l’80% entro il 2050. 
• Aumentare l’utilizzo di energie rinnovabili di almeno il 25% entro 2020 
• Ridurre il consumo totale di energia primaria del 25% entro il 2020 e aumentare l’efficienza energetica del 2% annualmente includendo un limite al consumo pro capite. 
• Introdurre l’obbligo di efficienza per l’industria e per i produttori di beni ad alto consumo di energia. 
• Limitare il quadro dei sussidi della UE conseguentemente al settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. 
Siamo contro la riduzione del protocollo di Kyoto ad un sistema di mercato delle quote di emissione. Occorre invece, per arrivare alla stipula di Kyoto 2 una nuova strategia complessiva che consenta di ridurre le emissioni rendendo più equo e sobrio lo sviluppo. E’ necessario un nuovo paradigma fondato non sulla competizione, ma sulla cooperazione, a partire dal trasferimento tecnologico ai paesi in via di sviluppo, dal finanziamento delle tecnologie pulite e dalle politiche di aggiustamento dei cambiamenti climatici. 
L’acqua è un diritto fondamentale  dell’umanità,  un bene universale e l’accesso ad essa deve essere garantito ed inteso come diritto umano e non come una merce. Siamo contro ogni ipotesi di privatizzazione o mercificazione. L’acqua deve essere un bene pubblico. 
La sovranità, la qualità e la sicurezza alimentari, la multifunzionalità dell’agricoltura devono essere considerati obiettivi strategici di un nuovo modello agricolo europeo finalizzato sempre di più alla tutela dei consumatori, alla valorizzazione dell’agricoltura biologica e dei prodotti tipici, al rifiuto degli OGM, alla salvaguardia della biodiversità, del territorio e del paesaggio, al contrasto del fenomeno di abbandono delle aree agricole e montane, al risparmio delle risorse idriche e al sostegno dello sviluppo rurale. 

Per un’Europa dei diritti, delle libertà e della laicità 

Uno dei grandi limiti della costruzione europea è stato il suo carattere ademocratico. Il sistema intergovernativo ha impedito qualsiasi partecipazione dal basso alla decisioni dell’Unione. Una separatezza che rischia di far crescere delusione e scetticismo. 
E’ necessaria una Unione Europea nella quale tutte le sue istituzioni siano democraticamente legittimate. 
Deve essere garantita la partecipazione diretta nei processi decisionali europei, con referendum a livello nazionale ed europeo sulle questioni relative alle pietre miliari della stessa UE. Il Parlamento deve avere pieno potere legislativo. Le istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento) devono essere aperte alla partecipazione delle società civili, con la possibilità di esercitare un controllo sulle loro decisioni. 
Vogliamo un rafforzamento dei diritti individuali e delle libertà così come dei i diritti politici e sociali fondamentali di tutti coloro  che vivono nell’UE. L’UE deve sottoscrivere la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali. L’Unione Europea deve proteggere e promuovere i diritti di coloro che sono discriminati a causa della loro origine etnica, orientamento sessuale e identità di genere, di religione, ideologica, disabili, di età,  rimuovendo tutti gli impedimenti  per una piena uguaglianza, ad iniziare da quelli economici. 
Vogliamo un’Europa cosmopolita e aperta. Non vogliamo un Europa fortezza. C’è bisogno di una politica comune europea sulle migrazioni e i richiedenti asilo in accordo con la Convenzione di Ginevra. Le persone che fuggono dalle persecuzioni a causa delle loro convinzioni politiche, ideologiche, religiose o dell’ orientamento sessuale, devono trovare protezione ed asilo in Europa. Chiediamo che le persecuzioni basate sul genere e l’orientamento sessuale costituiscano ragione per richiedere asilo e va garantita una protezione specifica per i bambini rifugiati. Per questo, rifiutiamo l’attuale sistema FRONTEX di controllo delle frontiere e chiediamo l’annullamento dei piani relativi alla realizzazione e implementazione della “Direttiva del Ritorno”. I centri di detenzione devono essere chiusi. 
La libera circolazione in Europa non può essere solo dei capitali, delle merci e dei servizi, ma anche e soprattutto delle persone, considerando le migrazioni – interne ed esterne – come un diritto umano inalienabile e illimitabile, per la ricerca di migliori o comunque diverse condizioni di vita, di lavoro e di sviluppo personale, professionale e sociale, lottando contro ogni tipo di sfruttamento, di dumping sociale o di "guerra tra poveri". 
L’educazione è un diritto non mercificabile. Va difeso il carattere pubblico  e laico della scuola e dell’università, cosi come quello della ricerca culturale e scientifica , svincolata dalle logiche mercantili. Per questo va contrastato il processo di Bologna, che produce una progressiva privatizzazione del settore della conoscenza. Sosteniamo i movimenti studenteschi e degli insegnanti che, in Italia come nel resto d’Europa, sono mobilitati per difendere il carattere pubblico dell’educazione. 
L’Unione Europea deve rispettare e garantire il principio di eguaglianza dei cittadini rispettando le loro differenze e diversità. Il diritto all'uguaglianza di genere nelle relazioni e alla libertà di orientamento sessuale, va garantito non solo in quanto diritto individuale, ma come una libertà, garantita e difesa dalle Istituzioni europee e dei singoli stati. 

Tutte le istituzioni pubbliche devono garantire la libertà delle donne e  impegnarsi contro tutte le forme di patriarcato. Ogni donna, in ogni paese, deve poter decidere liberamente del proprio corpo, poter esercitare il diritto all'aborto, alla contraccezione, ad una maternità consapevole e all’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale. 

Un' Europa democratica e aperta è una Europa che afferma la laicità come valore irrinunciabile delle sue istituzioni pubbliche. 

Un’altra Europa per un altro mondo 

Questa crisi è una crisi globale, non solo europea. L’Europa può dare un contributo alla ridefinizione dei rapporti politici ed economici globali, contribuendo alla costruzione di un modello di sviluppo alternativo di relazioni fra i popoli e gi stati basato sulla giustizia, sulla solidarietà, e non sulla competizione. 
Mentre in Europa prevale la paura e le destre cavalcano la xenofobia e il razzismo, alimentando la guerra fra poveri, nel mondo e in special modo nel continente latinoamericano, assistiamo ad una primavera della sinistra e della democrazia, ad una affermazione in tutto il continente, dal Brasile del presidente Lula al Venezuela di Chavez, passando per la Bolivia dell’indio Morales al Paraguay del teologo della Liberazione Lugo e all’Ecuador dell’economista Correa, solo per fare pochi esempi, di forze progressiste, comuniste, cattoliche di base e anti liberiste, che costituiscono un laboratorio per un’uscita da sinistra dalla crisi. L’Europa sappia istaurare un rapporto nuovo con questo laboratorio. Un laboratorio possibile anche grazie all’esperienza cubana, che subisce dal 1961 un blocco immorale e illegittimo da parte degli Stati Uniti, condannato quasi all’unanimità per 17 volte dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che, come già chiesto da tutti gli stati latinoamericani, con Lula in testa, va rimosso immediatamente. 
Ciò che accade in America latina dimostra che cambiare è possibile e che lo sviluppo della democrazia costituisce per tutti i paesi del sub continente un valore irrinunciabile. 
E’ in quel continente inoltre che più è cresciuto il movimento altermondialista e dei forum sociali, di cui siamo parte e di cui sosteniamo le rivendicazioni per una radicale riforma degli organismi sopranazionali, come l’FMI, la Banca Mondiale e l’OMC che hanno imposto le riforme strutturali e le condizioni per l’espansione di un sistema economico globale che ha aumentato disuguaglianze fra stati e all’interno di questi. Ci batteremo affinché  l’Europa cambi la natura e il merito degli accordi commerciali proposti con l’america latina come con il resto del mondo, specialmente l’Africa, in quanto ispirati a criteri neoliberali, asimmetrici ed iniqui di scambio e che produrranno solo altra ingiustizia e povertà. 
Oggi più che mai torna attuale la questione di un nuovo paradigma per le nostre società. Il capitalismo mostra tutti i suoi limiti: sociali, ambientali, democratici. La domanda sul cosa, come e perché produrre rimette a tema per il futuro la questione del socialismo del XXI secolo. 
Questi sono i punti programmatici, le idee e i valori che ci uniscono. Una unità sui contenuti che qualifica la nostra lista come l’unica proposta realmente di sinistra e di cambiamento in queste elezioni europee. 
Il voto a questa lista è un voto contro la destra italiana e alternativo al PD. Il voto a questa lista  è un voto per un’altra Europa: dell’uguaglianza e del lavoro, della pace, della giustizia sociale ed ambientale, dei diritti e delle libertà.

martedì 10 marzo 2009

La rete ti libera non farti imprigionare

Di seguito un appello anti-censura pubblicato sul sito www.laretetilibera.org
Il comunicato riguarda l' Art.60 del DDL 2180, presentato dal Sen Giacomo D'Alia (Udc), inserito nel pacchetto sicurezza.

Il “pacchetto sicurezza” mette in seriamente in pericolo la libertà d’ognuno di noi. Nel pacchetto sicurezza vi è una norma che colpisce esplicitamente la libertà d’espressione in rete. L’emendamento del Sen. Giacomo D’Alia dell’UDC è stato pensato per imbavagliare quanti usano internet per costruire momenti di comunicazione critica e non omologata

La norma è inutile e dannosa. Inutile perché viene introdotta in nome della lotta contro i reati di istigazione a delinquere via internet quando esistono già numerose misure giuridiche atte a perseguire eventuali abusi e reati commessi tramite internet.

La norma è pericolosa perché prevede di perseguire chi “invita a disobbedire alle leggi”, una formulazione così vaga da consentire di colpire qualunque espressione critica, qualunque informazione che possa “disturbare il manovratore”, qualunque linguaggio non in sintonia con quello del potere dominante e del pensiero unico.

E’ necessario avviare subito una campagna di sensibilizzazione, dentro e fuori il web, che metta in guardia contro i seri pericoli di incursione dell’esecutivo nei confronti della libertà di espressione in internet. Giornali on line, siti di comunicazione orizzontale, blog, tutti saranno tenuti sotto stretta sorveglianza e minacciati. Si vuole demandare il controllo e il filtraggio preventivo ai fornitori di connessione con il pericolo che, a fronte di “rischio eventuale” vengano sospesi interi siti e link, il tutto a discrezione del Ministero dell’Interno e non della magistratura.

Il provvedimento mira a colpire la libertà di espressione e introduce una vera e propria “censura preventiva”. Esso si inquadra perfettamente nella filosofia del “pacchetto sicurezza” che limita fortemente la libertà di stampa (vedi la vicenda delle ‘intercettazioni’), introduce zone grigie nella separazione dei poteri dello Stato come nel caso delle “ronde”. E’ facile immaginare “ronde telematiche” dove presunti “vigilantes” denunceranno il pericolo di “reati possibili” chiedendo al governo di oscurare interi siti.

Serve una larga mobilitazione, dentro la rete e nella società, per far conoscere e respingere questo ennesimo attacco alla libertà di espressione e informazione. Serve una mobilitazione che chieda l’immediato ritiro della norma (ex emendamento D’Alia) che consente la censura preventiva in internet.

Qui troverete il testo del decreto legge.

sabato 28 febbraio 2009

"GIOVANI" PENSIERI

Articolo comparso su Officina, periodico di cultura e politica della città di Melfi, sul numero di gennaio/febbraio 2009 con il titolo "Melfi, i giovani e...la politica"


Se provate a chiedere ad un ragazzo della nostra città: “ Hai fiducia nei politici e nella politica della tua città?” Avrete come risposta: “Assolutamente no! I politici pensano solo ai fatti loro”.

D'altronde come dargli torto. Nell’era del caos e del trasformismo è difficile distinguere i politici disonesti da quelli (ammesso che ce ne siano) che lavorano realmente nell’ interesse dei cittadini.

POLITICA secondo l’etimologia della parola, e stando anche ad un’antica definizione scolastica , significa “Arte di governare la società”. E se così fosse, i nostri politici dovrebbero essere, quindi, gli “artisti” capaci di incarnare quest’ arte? Bene. Allora siano pronti, lor signori, a ed esser così sottoposti alla critica dei più severi giudici “d’arte”: i giovani!

In questo momento storico cosa pensano i ragazzi della politica?

Basti vedere il livello di militanza che c’è all’interno dei partiti o associazioni politiche per rendersi conto del fatto che ai giovani la politica interessa sempre meno: “Tanto non cambia mai nulla. Ormai il sistema di potere è impossibile da smantellare. Destra o sinistra? Sono tutti uguali!”.

Queste le voci di molti ragazzi, della nostra città, sfiduciati da questa politica nostrana (o un po’ strana?).

“A Melfi? La politica si fa solo in campagna elettorale” secondo Michele di 21 anni.

“Dicono che il futuro è in mano a noi nuove generazioni, che saremo noi la classe dirigente di domani, ma fino ad ora nessun reale passaggio del testimone” dice Alessandro, 28 anni.

C’è chi lamenta la mancata attenzione da parte della politica cittadina nei confronti di chi ha interessi un po’ diversi, come la passione per la musica, il teatro o il cinema.

Per Dario, 33 anni, Melfi più che una cittadina democratica, somiglia più ad un’ oligarchia“perché l’amministrazione comunale decreta, e dispone e l’opposizione, sempre che esista, guarda, ascolta, molto spesso annuisce, senza batter ciglio” e ancora“Come faccio a fidarmi della politica, se gli interessi privati tagliano trasversalmente tutti gli schieramenti politici?”. E potrei continuare ancora citando Luigi, Alfonso, Francesco, Antonio, sentireste sempre la solita frase: “Destra o sinistra, sono tutti uguali”.

E alla domanda: “Perché, allora, non iniziare a fare politica attiva?” si pone un duplice problema: in primis, Melfi soffre mortalmente della carenza di strutture, perché oltre a difettare di cinema e teatro (e non mi citate il Ruggero sennò sono guai), manca di veri e propri centri di aggregazione giovanile, dove poter formare una propria coscienza politica e sociale, dove poter ritrovare il contatto umano con le altre persone, sentire opinioni diverse, esporre le proprie idee, confrontarsi mettendosi in gioco, scoprire capacità nascoste che non si credeva di possedere. Insomma manca un Centro Sociale! Ma tutto questo non sembra interessare la politica melfitana. Marciapiedi, manti stradali, aiuole quante ne volete, ma per piacere niente Centro Sociale.

E per alcuni ancora non è chiaro come mai molti ragazzi non credono nella politica: “I giovani di oggi? Sono disinteressati. Noi alla loro età eravamo tutto un fermento. Credevamo in qualcosa, noi!” mentre questi giovani non credono nella possibilità di un cambiamento, di una svolta, sono sfiduciati, timorosi di essere usati come semplice strumento di propaganda in mano a vecchi politici. Antonio, 19 anni, mi fa notare come durante le scorse elezioni amministrative, le due coalizioni antagoniste, andassero “a caccia” di giovani ragazzi da candidare nelle rispettive fila: “Abbiamo candidato anche dei giovani ragazzi”bofonchiavano alcuni, tutti contenti, illudendosi che questi giovani candidati avrebbero ricevuto magari il voto dei propri amici. Magari poi quegli amici hanno le proprie idee o simpatie politiche, magari lavorano per qualcuno vicino al candidato opposto a quello in cui è candidato il proprio amico con il risultato che: o non vanno a votare (per non correre rischi), o votano per l’avversario (per continuare a lavorare tranquilli). E qual è stato il risultato? Il risultato è stato che quei (poveri) ragazzi sono serviti a fare numero e a portare il voto (anche se misero perché tutto fa brodo) dei propri cari, che in quell’occasione avranno votato in massa, cercando di far tornare magari anche qualche parente migrante per far ottenere al proprio caro ragazzo un risultato dignitoso.

Scherzi a parte, finite le elezioni cosa succede alle aspettative magari di quel ragazzo che, perché no, aveva anche creduto in quel progetto politico? Tutto ritorna alla normalità e finisce che la persona per la quale eri candidato non ti riconosce nemmeno per strada. E giustamente si perde la fiducia nella politica con il conseguente allontanamento da essa e con la solita frase “Sono tutti uguali. La politica è diventato lo strumento tramite il quale i politici curano i propri interessi e quelli dei propri eletti” e, si badi bene, non degli elettori.

Si smorza così la voglia e la passione di quelle ragazze e di quei ragazzi che vogliono fare politica, ma non sono interessati a far parte di questo sistema marcio.

A questo proposito, se mi è permesso, vorrei fare una piccola considerazione.

La mia città, la nostra città, rischia di sprofondare nella paralisi più nera. Se è vero che l’evoluzione di una società si misura in base al livello culturale che questa ha raggiunto, la nostra città è ancora un embrione. Ai ragazzi, miei coetanei, senza nessuna presunzione, dico di essere disincantati, di fare politica sempre e comunque, ma che questo non significhi darsi da fare solo per portare voti e solo in occasione delle scadenze elettorali, ma bensì lavorare seriamente, con coerenza e onestà, affinché il vento cambi e porti con se una società più giusta. Pretendete di fare politica e di avere il diritto di decidere del vostro futuro. Non importa la fazione politica, la cosa importante è trovare il coraggio di abbracciare una ideologia (perché non è vero che queste sono morte, come qualcuno sostiene, ma anzi sono vive più che mai) ed essere coerenti con questa. Bisogna che le nostre generazioni lavorino affinché politica e interessi viaggino su due line parallele.

Il nostro contesto storico ci vuole filantropi, innamorati disinteressatamente della nostra città e patria. In conclusione vorrei citare un piccolo grande uomo, Mahatma Gandhi, che diceva:“Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.” E così sia.

Maurizio Ceccio.