giovedì 29 luglio 2010

Fiom, domani presidio lavoratori Fiat presso tribunale Melfi


Domani 30 Luglio 2010 presso il Tribunale di Melfi si terrà il presidio dei lavoratori della Sata di Melfi e dell’Indotto in concomitanza con la prima udienza sul ricorso presentato dalla Fiom di Potenza contro la Fiat per attività antisindacale, ex art.28 L.300/70 (Statuto dei diritti dei lavoratori), per i licenziamenti illegittimi dei tre lavoratori, di cui due delegati Fiom.
Saranno presenti i legali della Fiom Nazionale e Regionale, la Fiom di Potenza e la Fiom Nazionale.

lunedì 19 luglio 2010

OGGI A ROMA RIUNIONE FIOM DEL GRUPPO FIAT


Lavoratrici e lavoratori,
A seguito dello sciopero del 16 Luglio 2010 con la Manifestazione tenuta a Melfi che ha visto la partecipazione di numerose delegazioni di lavoratori del gruppo Fiat e di altre categorie, i lavoratori licenziati insieme all’assemblea dei lavoratori hanno deciso di scendere dalla Porta Venosina per continuare le iniziative di protesta che rendano visibile la vertenza in atto, che saranno decise dalla riunione del Coordinamento Nazionale FIOM del Gruppo FIAT che si terrà oggi a Roma e del Comitato Centrale FIOM che si terrà domani sempre a Roma.

La FIOM-CGIL di Basilicata e i Delegati FIOM condannano senza riserve l’atto illegittimo compiuto dalla FIAT nei confronti dei 3 operai di cui 2 delegati FIOM, in quanto vuole impedire l’esercizio del diritto di sciopero violando quanto previsto dalla Legge 300/70 “ STATUTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI”.

Nelle prossime ore sarà presentato presso il Tribunale di Melfi il ricorso ex art. 28 legge 300/70, per condotta antisindacale da parte della Direzione FIAT SATA.

Le azioni che si stanno mettendo in campo in questi giorni mirano a difendere TUTTI le lavoratrici e i lavoratori dalle azioni unilaterali della FIAT che con la complicità della Confindustria e del Ministro del Lavoro attraverso le deroghe contrattuali vuole cancellare i Diritti, peggiorare le condizioni di lavoro e
rendere precaria l’occupazione e il salario a partire dal Premio di Risultato.

La FIOM invita TUTTE le lavoratrici e i lavoratori a seguire con attenzione le iniziative che saranno messe in campo nei prossimi giorni in difesa dei lavoratori ingiustamente licenziati e delle condizioni dei lavoratori.

Melfi 19 Luglio 2010
FIOM-CGIL Basilicata

giovedì 15 luglio 2010

Alla Lotta!

Quando il compagno Marco ieri mi ha chiamato sul cellulare, tornavo da Potenza con il compagno Alessio: "Maurì i tre operai della Fiat che erano stati sospesi dal lavoro giorni fa, sono saliti sulla Porta Venosina per protesta [...] uno di loro è stato licenziato".

Inizia così la ricerca sul "Cosa fare" per appoggiare "senza se e senza ma" la lotta di questi coraggiosi operai. O forse dovrei chiamargli Uomini? Già, perchè in questa società marcia essere un operaio significa essere uguale ad un giacimento di petrolio o acqua, se si vuole. L'operaio è QUALCOSA (non più QUALCUNO) da sfruttare fino all' esasperazione, fino all'esaurimento della sua persona. Disporre di lui, o di lei, come meglio si crede e al primo problema (poco importa se questo sia reale o fittizio) mandarlo a casa, in tronco.

Questo accade, a mio avviso, perchè l' operaio è svuotato della sua appartenenza alla specie Umana. Potrà sembrare un po' forzata questa espressione, ma è una considerazione personale nata dopo essermi confrontato più volte con molti miei amici che lavorano in fabbrica: "Per otto ore tu sei di proprietà dell'azienda. Dispongono di te come meglio credono". Guai poi se sei un lavoratore interinale o precario: non puoi permetterti nemmeno l'influenza.

Il discorso è complesso nella sua estrema semplicità: sulla carta sei un lavoratore con "diritti e doveri", ma di fatto non è così, perchè è vero che ti spettano i famosi "giorni di malattia", ma è vero anche che se ne usi uno soltanto rischi, allo scadere de contratto a tempo determinato, di non essere riconfermato per i prossimi mesi.

Il rapporto azienda-operaio non si instaura sul reciproco rispetto, ma sul ricatto della prima sul secondo.

Il Capitale, da quando ha impugnato il coltello dalla parte del manico, tira fendenti a destra e a manca con spregiudicatezza e arroganza, così da spegnere sul nascere ogni resistenza. Non potendo distruggere chiunque gli si opponga è riuscito a distruggere la sua volontà di combattere. La società è diventata reazionaria. Il nuovo, l'alternativo fa troppa paura se è vero che "si sa quel che si lascia, ma non si sa che si trova" e ciò potrebbe essere comprensibile, se non fosse che c'è un buon 50% di probabilità che il cambiamento possa avvenire in meglio.

Ci vuole coraggio, il coraggio di una scelta, lo ribadisco. Bisogna riprenderci ciò che c'è stato tolto e difendere con forza quel po' che ci rimane. Per questo dobbiamo partecipare con forza e coraggio alla lotta per la difesa dei diritti.

Immagino la Società come uno spazio orizzontale, dove tutti sono sullo stesso piano e godono degli stessi diritti. Le piramidi sociali e le gerarchie appartengo ad un tempo che per forza di cose è destinato a tramontare, e tanto più sarà l'impegno profuso nell'abolizione di questo stato di cose, tanto più il cambiamento sarà rapido.

Il Partito dei Comunisti Italiani di Melfi esprime solidarietà alla lotta degli operai della Fiat e annuncia la sua partecipazione alla manifestazione organizzata dalla FIOM che si terrà domani, 16 luglio alle ore 9.30, in Piazza Abele Mancini.

¡Venceremos!

Maurizio Ceccio.

venerdì 9 luglio 2010

Melfi, rappresaglia della Fiat contro gli scioperi

Tre lettere di sospensione cautelare a due delegati fiom e a un operaio


“Rappresaglia antisindacale”. Così la Fiom definisce le tre lettere di sospensione cautelare che hanno raggiunto due delegati e un operaio della Fiat-Sata rei di aver dato vita nei giorni scorsi ad alcuni scioperi contro l’aumento dei ritmi di lavoro. La Fiat alza il livello dello scontro sindacale. E lo fa mettendo a fianco di Pomigliano d’Arco, dove la materia del contendere è, tra gli altri, proprio le condizioni di lavoro, anche lo scacchiere di Melfi. La risposta delle “tute amaranto” non si è fatta certo attendere. All’alba di giovedì 8 luglio sono cominciati i primi scioperi e cortei interni, che si sono protratti per tutta la giornata. Gli operai hanno praticamente bloccato il sito produttivo. Secondo i dati forniti dalla Fiat-Sata, che nel conteggio ci mette anche chi è in cassa integrazione, lo sciopero è riuscito in pieno raggiungendo il 39%. Stamattina davanti ai cancelli dello stabilimento di Melfi della Fiat, oltre alle tute blu in assemblea, c'erano anche gli operai di alcune aziende dell'indotto, Johnson Control, Plastic Components, Benteler, Itca, Commer, Tiberina, Magneti Marelli.
Era da almeno una settimana che a Melfi si susseguivano tutti i giorni scioperi articolati nei vari reparti per protestare contro il comportamento della direzione che, unilateralmente e senza confronti preventivi con la Rsu, ha deciso l’incremento della produzione nell’ordine del 10%, senza alcun inserimento aggiuntivo di lavoratori.
Tutto ciò mentre in c’è il ricorso alla Cassa integrazione. In pratica, si chiede di lavorare di più ai turni operativi, mentre gli altri turni sono collocati in Cassa integrazione.
Questo ha suscitato la protesta dei lavoratori. E la conseguente indizione degli scioperi.
Nella giornata di martedì 6 luglio, la Fiat ha deciso unilateralmente di aumentare la velocità delle linee anche nello stabilimento di Cassino (Frosinone). Dopo uno sciopero di 2 ore, però, la direzione dello stabilimento ha ripristinato la cadenza consueta. A Melfi, invece, ha deciso di andare allo scontro duro.
. <È un atto gravissimo – continua la Fiom - che conferma il disegno autoritario della Fiat.>
La Fiom, e le altre organizzazioni sindacali, hanno chiesto alla Fiat il ritiro immediato dei provvedimenti disciplinari.
Enzo Masini, coordinatore nazionale auto della Fiom-Cgil, ha rilasciato la seguente dichiarazione: .
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Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario del Prc Paolo Ferrero. «Sosteniamo la protesta e lo sciopero ancora in corso alla Fiat a Melfi che si sta estendendo alle fabbriche dell'indotto. A Pomigliano si vuole imporre il divieto di scioperare; a Melfi si licenzia chi sciopera. La Fiat -sottolinea Ferrero- è anticostituzionale, il governo intervenga per impedire questa illegalità criminale. Sosteniamo le iniziative che chiedono il ritiro immediato dei licenziamenti, consentendo ai lavoratori ed ai delegati di rientrare subito in fabbrica e di avviare la trattativa sindacale».
Giornata di protesta oggi anche a Mirafiori. Le tute blu si sono fermate per due ore questa mattina alle Carrozzerie di Mirafiori per il premio di risultato che dovrebbe essere corrisposto dall'azienda a fine mese. Procalamato da Fim, Fiom, Uilm e Cobas, l'astensione dal lavoro, secondo i sindacati, ha registrato un'adesione tra l'80 e il 90 per cento. Inoltre, sempre secondo il sindacato, 1500 lavoratori sono usciti in corteo dalla porta 2. «Questo sciopero - sottolinea per la Fiom Federico Bellono - evidenzia lo stato di malessere che c'è tra gli operai sulla situazione Fiat. Inoltre in un momento in cui i redditi sono già pesantemente compromessi dalla cassa integrazione, il silenzio dell'azienda sul premio di risultato preoccupa molto», conclude. «Il timore - aggiunge ancora Bellono - è che l'azienda possa defalcare dall'eventuale premio di risultato gli aumenti contrattuali, così come era stato ipotizzato al momento dell'accordo separato sul sistema contrattuale non sottoscritto da Cgil e Fiom. Questo silenzio - conclude - ci preoccupa per il rischio che così il premio potrebbe essere più basso del dovuto».

Fabio Sebastiani

mercoledì 7 luglio 2010

«Italiani, ribellatevi. O sarete responsabili come nelle colonie»

di Dagmawi Yimer

Mi appello al governo italiano e a quello libico, in nome di tutti gli eritrei, i somali e gli etiopi che in questo momento stanno soffrendo in Libia. So benissimo cosa vuol dire essere nelle mani della polizia libica. Uso le ultime parole che mi rimangono, perché anche le parole finiscono quando non avviene nessun cambiamento. Io l’ho vissuto sulla mia pelle: i maltrattamenti nelle carceri libiche, gli schiaffi, le bastonate, gli insulti dei poliziotti libici. Anche io sono stato deportato dentro un container, durante un giorno e mezzo di viaggio, verso il carcere di Kufrah, con altre 110 persone, ammucchiate come sardine. Con noi c’erano anche otto donne e un bambino eritreo di quattro anni. Si chiamava Adam. Chissà che fine ha fatto quel bambino, chissà se è riuscito a salvarsi dalla trappola italo libica, chissà se sua mamma non è stata violentata dai poliziotti libici davanti a lui… Se è sopravvissuto, ormai avrà otto anni, e comincerà a capire piano piano che razza di mondo è riservato a lui e a tanti altri come lui.
Veniamo da paesi dove l’Italia non ha ancora fatto i conti con i suoi massacri durante il periodo coloniale e dove ancora oggi, dopo mezzo secolo, usa i libici per combattere gli eritrei, come all’epoca delle colonie usava gli eritrei per combattere i libici. È vero che la libertà di questi miei fratelli minaccia il benessere dei cittadini europei? È vero quindi che un accordo per il gas e il petrolio vale di più delle vite umane e della loro libertà naturale? Perché l’Italia, da paese civile, non ha previsto nell’accordo con la Libia il minimo rispetto dei diritti “inviolabili” degli esseri umani invece di chiudere un occhio e vantarsi di aver bloccato l’emigrazione via mare? Mi ricorda la stessa ipocrisia con cui Mussolini fece credere al suo popolo che l’Italia avesse stravinto sugli abissini senza dire nulla sui mezzi che avevano portato a quelle vittorie, ovvero tonnellate e tonnellate di gas utilizzate senza pietà per sterminare i civili. Il tono del governo è lo stesso, oggi come allora, ed è la stessa la reazione della gente.
Se ripenso a Adam il bambino di quattro anni che era con noi sul container, mi chiedo: quale era la sua colpa? Mi ricordo che ogni tanto l’autista del container (Iveco) si fermava per mangiare o per i suoi bisogni, mentre 110 persone urlavano per il caldo infernale del Sahara, per la mancanza d’aria, che a malapena entrava mentre il camion era in movimento. Il piccolo Adam lo tenevamo vicino al buco da dove entrava un po’ d’aria da respirare… mentre chi si trovava in fondo al container si agitava disperatamente, urlava, piangeva. È possibile vedere ancora deportazioni di massa dentro i container?
Quando ci hanno arrestato poi, i libici non ci hanno chiesto perché fossimo in Libia e cosa volessimo. Eravamo semplicemente la preda dei poliziotti, eravamo donne da stuprare e uomini da bastonare. Pochi giorni fa ho incontrato una persona che lavora a Tripoli e mi ha detto che tra gli ultimi respinti in mare verso la Libia c’era una ragazza di 22 anni che è stata violentata dai poliziotti libici appena arrestata. Alla fine è riuscita a evadere, corrompendo una guardia, ma ora è incinta e non vuole far nascere un figliastro di cui non conosce nemmeno il padre… Perché tutto questa indifferenza verso la sofferenza degli altri, oltretutto provocata dall’Italia stessa? Dov’è la “civiltà” di un paese che finanzia un soggetto terzo per eseguire il lavoro sporco e lavarsene le mani come Pilato? Quando smetterà l’Italia di essere il “mandante” di queste violenze?
Guarda caso poi, dopo la “deportazione” i poliziotti libici ci vendettero per 30 dinari a testa (circa 18 euro) agli intermediari che poi ci riportarono sulla costa.
Anche noi abbiamo dei genitori che piangono pensando alle sofferenze che viviamo. Ma anche noi avremo giustizia per tutto quello che stiamo subendo. Oggi paghiamo il prezzo che i vostri governi hanno deciso di pagare per far godere al “popolo” la sicurezza energetica. Ma le lacrime e il sangue versato non saranno dimenticati. Uso le ultime parole che mi sono rimaste, l’ultima energia dopo due anni di battaglia su questo tema ma spero di poterlo avere ancora. Ho girato l’Italia, partecipando a centinaia di incontri e di proiezioni (di “Come un uomo sulla terra”, ndr.) e ringrazio tutti coloro che mi hanno fatto vedere la loro indignazione e la loro vergogna di essere rappresentati da questi governi ipocriti.
Ma mi chiedo: se io che grido da qui non ho ascolto, figuriamoci i miei fratelli che stanno nella bocca del lupo. Ma continuo a gridare lo stesso e dico: Italia tu che sei civile e potente guarda queste persone e ricordati cosa hai fatto ai loro nonni.

Riceviamo e raccogliamo l’appello per salvare i deportati eritrei in Libia.
Chiediamo di sottoscriverlo, inviando una mail al Ministro dell’Interno Maroni – liberta.civiliimmigrazione@interno.it – perché la legga e la inoltri al resto del governo.

Questo il testo:
“Io (nome e cognome) sono convinto che un Paese civile non possa essere complice di un delitto contro l’umanità. Fermate il massacro dei prigionieri eritrei in Libia”.

[Fonte: Federazione della Sinistra]