Articolo comparso su Officina, periodico di cultura e politica della città di Melfi, sul numero di marzo/aprile 2009.
Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sull’ambente ho pensato: “Cosa mai potrò scrivere io su questo tema? Posso parlare delle cartacce per strada? Oppure dei pacchetti “volanti” delle sigarette che schizzano via dai finestrini delle automobili?” No, perché questo è l’aspetto minore (anche se importantissimo) di questa storia. No, perché non si può parlare della “questione ambientale” senza passare necessariamente dalle cause che hanno fatto si che l’ambiente diventasse una questione. Le vicende di Napoli (ma della Campania in generale) hanno sollevato tantissime polemiche (note comunque già da tempo) su questa faccenda.
Melfi non è certamente Napoli anche se in alcune ore del mattino il centro storico (ma non doveva essere il salotto di casa Melfi?) si “addobba e si ravviva” di tanti sacchetti della spazzatura a causa dell’effetto “raccolta porta a porta”, argomento a cui è stato dato già tanto risalto nelle pagine di questo periodico.
Bisogna però dire che la periferia (Valleverde) e la periferia della periferia (Contrada Bicocca) non hanno problemi legati ai rifiuti. Forse perché godono degli “effetti benefici” dei cassonetti o forse perché, essendo il bagno di casa Melfi, non hanno poi così bisogno di tante cure, ma questa è un’altra storia.
Di solito di fianco al classico cassonetto dei rifiuti, in alcune zone delle periferie melfitane, se ne trovano altri di vari colori: giallo, bianco, blu, verde che non hanno solo la presunzione di essere più “allegri e invitanti” rispetto ai vecchi e grigi e metallici cassonetti , ma servono a differenziare i rifiuti. Ora è inutile che io stia qui a dire che la percentuale di raccolta differenziata a Melfi è intorno al 5%, quello che voglio sottolineare è il fatto che non differenziando i rifiuti questi vengono portati in discariche o ad incenerire con tutti i rischi che ne conseguono per la salute delle persone e per l’ambiente. Naturalmente il discorso sulla differenziazione dei rifiuti, non è così semplice e non può esaurirsi qui. Potrebbe questo, però, essere uno spunto per ritornare sulla questione ed analizzarla senza l’intenzione di creare allarmismi, ma dicendo le cose come stanno da un punto di vista scientifico.
Quello che voglio raccontarvi adesso è una storia che riguarda alcuni alberi misteriosamente scomparsi qualche tempo fa e mai più riapparsi. Una storia che inizia nel duemilasette e che, alcuni giorni fa, ha avuto la sua prosecuzione con la “misteriosa” scomparsa di alcuni alberi su viale Savoia. Quattro per la precisione e sono stati tagliati, non perché malati o consumati dalle termiti, ma perché creavano qualche problema ad alcuni nostri concittadini. Va bene, può essere una giusta motivazione. Il problema, a questo punto, è l’approccio usato per risolvere questa faccenda. Mi armo di buona volontà e mi reco sul posto per vedere quale fosse l’entità del danno. Quello che ho trovato di fronte è stato uno spettacolo triste e desolante. Alberi tagliati, alla base, di netto, alberi sani, il cui tronco misurava un diametro di 60 cm e che magari erano stati piantati lì più di 30 anni fa. Quello che era un bell’ albero sempre verde, rigoglioso e vivo ora non è più, semplicemente. Giro un po’ per quella zona e chiedo informazioni per cercare di capire se si fossero verificati altri episodi del genere e mi sento dire che in piazza Trieste e Trento almeno altri tre alberi sono stati tagliati perché creavano problemi ad alcuni cittadini: “Non facevano entrare la luce del sole e le case avevano bisogno di più tempo per riscaldarsi”. Giusto per carità, ma quello che mi arrovella le meningi, e che non riesco a capire, è perché sono stati tagliati anziché essere “asportati” e ripiantati, ad esempio, chessò, in villa. Già, la villa! Come se fossi stato colto da un flash-back, mi viene in mente che qualche tempo fa, mentre passeggiavo per il nostro parco, avevo notato che, anche lì, alcuni alberi erano stati tagliati, ma ne ignoravo il motivo (e tutt’ora lo ignoro). Prendo la macchina e mi reco in villa dove inizio a contare gli alberi che mancano all’appello. Nel giro ci cento metri conto sette, otto alberi monchi. Alla fine della conta ben trentatré alberi risulteranno tagliati di netto. Trentatré! Ora mi si potrebbe obbiettare: “Cosa vuoi che siano trentatré alberi in meno rispetto a quanti comunque ce ne sono!” Bene, io vi invito, la prossima volta che vi trovate a passeggiare per il nostro parco, a provare a contare trentatré alberi. Io l’ho fatto e mi sono reso conto che arrivato a dieci avevo già acquisito la dimensione del danno.
Ora non è per fare la solita querelle anti-amministrazione, però non si può sempre tacere davanti ad una mal gestione della cosa pubblica per paura di scatenare la polemica. Non credo che gli addetti ai lavori non sappiano che gli alberi possono essere sradicati per essere trasportati in altri luoghi e ripiantati dove non danno fastidio (ammesso che un albero possa dare fastidio), così da poter continuare a crescere e a vivere. Certo tagliare un albero è molto più semplice e sicuramente più economico che sradicarlo e piantarlo altrove, ma vengono sperperati tanti milioni di euro per opere superflue e per ristrutturazioni inutili che, anche volendo controbattere alla questione da un punto di vista finanziario, sarebbe banale e facilmente confutabile. E ancora, mi risulta che siano state raccolte delle firme per i “tagli” di viale Savoia: è possibile che sia così semplice riuscire in un’impresa del genere? Un po’ di firme e via gli alberi? Possibile che la mia città non sia sensibile alla questione ambientale? Ed è altrettanto possibile che la nostra villa comunale, il nostro “polmone” verde, perda trentatré alberi (ammesso anche che siano stati tagliati per motivi fondati) senza che questi vengano, per lo meno, ripiantati?
Mi viene da pensare, a questo punto, che il nostro verde sia gestito in maniera un po’ superficiale. Capisco anche, però, che questa faccenda è legata a quella mancanza di cultura di cui è ammalata la nostra città. Se non si sensibilizzano le persone alla “causa ambientale”, se non si comprendono le regole della natura, si continueranno a tagliare alberi e a non capire quanto la natura stessa sia una parte fondamentale della nostra esistenza. Incoscienti di aver stravolto un intero ecosistema celato dalla corteccia di un albero.
Maurizio Ceccio.
Nessun commento:
Posta un commento