[Fonte: Federazione della Sinistra]
Roma, 4 mar. 2010 – L’aula del senato ha approvato ieri sera in via definitiva il disegno di legge sul lavoro, che aggira e smantella di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori attraverso l’introduzione di norme sull’arbitrato per risolvere le controversie di lavoro. La legge è stata approvata con 151 voti favorevoli, 83 contrari e 5 astenuti. Il provvedimento contiene fra l’altro norme sui lavori usuranti, gli ammortizzatori sociali, l’apprendistato e le controversie sul lavoro.
“Il voto del senato è una vera e propria controriforma che mina radicalmente i diritti del lavoro – attacca il portavoce della Federazione della sinistra, Paolo Ferrero – Si tratta dell’abrogazione di fatto e surrettizia dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in difesa del quale nel corso di questi anni tanta parte delle classi lavoratrici e del paese si è impegnata per arginare gli attacchi sempre più ignobili e spudorati da parte della destra berlusconiana”.
Per questo la Federazione della Sinistra si rivolge “alle forze politiche democratiche, alle organizzazioni sociali, alle forze dell’associazionismo, al mondo della cultura, alle energie intellettuali e della società civile”, invitando tutti a “far partire subito la mobilitazione per contrastare questo scempio dei diritti del lavoro”.
La nuova norma varata dall’aula di palazzo Madama limita la competenza del giudice e privilegia il canale dell’arbitrato e della conciliazione per tutte le controversie di lavoro, tra cui quelle legate al trasferimento di azienda e al recesso. Due le possibilità previste per ricorrere all’arbitrato in funzione della risoluzione delle controversie tra datore di lavoro e lavoratore. La prima, virtualmente più sicura, è attraverso i contratti collettivi nell’ambito di cui le parti possono stabilire i limiti in cui l’arbitrato può essere esercitato. Se però le parti falliscono nel trovare un accordo, può intervenire il ministro per decreto. La seconda possibilità è che il singolo lavoratore accetti un accordo secondo cui il proprio contratto di assunzione preveda il ricorso all’arbitrato per risolvere le controversie, incluso il ricorso all’arbitrato secondo equità: ciò implica la possibilità di bypassare le norme inderogabili di legge, quindi diritti come l’articolo 18, le retribuzioni o le ferie. Tale accordo può essere stabilito anche nel corso del rapporto di lavoro. Una norma che devasta di fatto l’articolo 18 e pone brutalmente i lavoratori in una condizione soggiogata e ricattabile.
Tra le altre nequizie introdotte dalla nuova legge: la possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo di istruzione (dai 15 anni di età) attraverso l’apprendistato in azienda secondo quanto stabilito d’intesa tra regioni, ministero del lavoro e dell’istruzione e “sentite le parti sociali”. Il governo è infine delegato ad adottare, entro 3 mesi, regole sul pensionamento anticipato dei lavoratori impegnati in attività usuranti.
Gongolante, il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, ricorda che l’intervento faceva parte della versione originaria della legge Biagi: “Il diritto sostanziale del lavoro, incluso l’articolo 18 dello Statuto non è stato minimamente toccato – sostiene Sacconi – La polemica dei soliti noti su un testo di legge alla quarta lettura in parlamento, dopo due anni di esame, è l’ennesima prova della malafede di chi vuole sempre accendere tensione sociale”. Secondo il ministro, invece, “il lavoratore avrà la possibilità in più di ricorrere all’arbitrato e il tutto sarà regolato da contratti collettivi. Non per nulla tutti, tranne la Cgil, hanno condiviso questa norma, punto”.
Sacconi si riferisce alle obiezioni alquanto blande di Cisl e Uil, da sempre propense riguardo all’idea di “affidare questa materia alle parti sociali” e maldisposte verso gli interventi della politica, come fa notare il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Cui fa pronta eco il leader della leader Luigi Angeletti, giudicando quella del governo “un’alternativa ragionevole” e concordando con la Cisl circa il fatto che “questo tema, così come i temi del mercato del lavoro, devono essere oggetto prima di confronto e discussione con i sindacati e le associazioni di impresa, che sanno trovare soluzioni più efficaci del parlamento”.
“Col voto del senato si è scritta una brutta pagina per i lavoratori italiani – risponde la capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro – Si è aperta la strada alla manomissione dell’art.18: è un ulteriore attacco al diritto del lavoro”. Il Pd, d’altro canto, anziché sollevare lo scudo dell’ostruzionismo, ha concesso il proprio lasciapassare all’accelerazione dell’inter di approvazione della legge, perseguita a maggior ragione e in tutta fretta dalla maggioranza dopo che su Repubblica di ieri (mercoledì 3 marzo) alcuni politici, sindacali e giuristi avevano lanciato l’allarme sul blitz tentato in senato dalla destra.
Duro il commento della Cgil. “Questo disegno di legge opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano – osserva il segretario generale Guglielmo Epifani – Porta sostanzialmente a una forma di arbitrato obbligatorio, che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte”. In altre parole defrauda i lavoratori dell’articolo 18. “In questo modo naturalmente si rende il lavoratore più debole – continua Epifani – Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro, lo si segna per tutta la vita”.
Contro la nuova norma Epifani annuncia che “in ogni caso la Cgil farà ricorso, se ve ne sono le condizioni di legittimità costituzionale”. Intanto la Federazione della sinistra si rivolge a tutte le forze democratiche e invita tutti i cittadini a mobilitarsi fin da subito per far sentire la voce della civiltà e del diritto contro questo ennesimo scempio operato dalla destra: per chiedere al presidente Giorgio Napolitano di non firmare questa norma incostituzionale; per costruire un movimento democratico e partecipativo in difesa delle libertà e i diritti individuali e collettivi; per realizzare il referendum abrogativo della legge.
Cosimo Rossi